Testimone di fede e d'amore

 


29 giugno 1973.

Figli diletti, sono Gesù di misericordia infinita.

Mi è caro trattenermi con voi, in questo giorno in cui la Chiesa v'invita a celebrare le glorie dei santi Pietro e Paolo. Mi è caro fare un dolce confronto con colui che regge la mia Chiesa e che, nella sua persona, accomuna le virtù dell'uno e dell'altro, con grande desiderio di bene e fedeltà alla verità.

Voglio parlarvi di Pietro e delle sue virtù.

Fu anzitutto la fede che lo rese superiore agli altri. La sua fede sicura e adamantina, che non conosceva dubbi, gli fece affermare: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". Per questa fede meritò la mia promessa: "A te darò le chiavi del regno dei Cieli. Ciò che legherai sulla terra sarà legato anche in Cielo; ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto anche in Cielo".

È la fede che ottiene i miracoli. Ed era nel mio nome che, dopo la mia scomparsa e con grande fede, egli poté dire al paralitico: "Non ho altro da darti, ma in nome di Gesù ti comando: sii guarito".

Così nei primi tempi della Chiesa si moltiplicavano i fatti prodigiosi, perché la fede di Pietro costringeva il Signore ad agire. "Tu sei Pietro e sopra questa pietra edificherò la mia Chiesa", gli avevo detto un giorno.

La fede, figli, è la base di ogni vita cristiana, perché suppone l'umiltà. Chi ha fede può, come Pietro, piangere i suoi peccati e confidare unicamente in Colui che può tutto. Ma la fede va sempre accoppiata con la carità, che è amore.

Quando, dopo la risurrezione, richiesi a Pietro la triplice affermazione del suo amore per Me, glielo indicai come condizione indispensabile per poter pascere le mie pecorelle, in una parola: per poter guidare la Chiesa. Testimonianza di fede e d'amore volli da lui, fino al sacrificio della vita. Pietro fu martire nel cuore, nello spirito e nel corpo e il suo esempio edificò la Chiesa docente e discente, di tutti i tempi. "Io sarò con te fino alla consumazione dei tempi", gli avevo detto. Ed egli seppe ascoltare la voce di Dio che lo illuminava e che guidava i suoi passi.

Sciolto dalle catene a mezzo di un angelo, egli fu sempre incatenato a Me con un amore sincero e devoto. Fede e amore diressero i suoi passi, i suoi scritti e le sue parole. Era un semplice pescatore, che Io avevo reso pescatore di anime; e per questa elezione ad una missione tanto elevata gli avevo fatto dono di tutte quelle grazie di stato e di quei carismi di cui necessitava.

Il Signore fa sempre così: e quando chiama un'anima a compiti particolari, se incontra anime umili che a Lui si affidano, concede grazie e aiuti speciali, perché la missione venga compiuta nel modo voluto da Lui.

V'invito in questo momento a rivolgere il vostro pensiero a Paolo VI, l'eletto di Dio, e mentre mi rallegro per la fede che dirige la sua vita, per cui posso dirvi che veramente l'uomo giusto e di fede cammina alla presenza di Dio, vi prego di imitarlo in questa virtù, che tanto lo rende meritevole davanti a Dio.

Dissi un giorno a Pietro: "Ho pregato per te, perché la tua fede non venga mai meno". Anche per Paolo VI Io prego e voi unite la vostra preghiera alla mia perché non solo non venga meno la sua fede per le molteplici difficoltà, ma aumenti sempre più.

E dell'amore, che vi dirò? Figli, sappiate che il cuore di Paolo VI, come quello di un padre affettuoso, imparziale e giusto ama tutti gli uomini.

Vi ho detto che la condizione indispensabile per poter dirigere la Chiesa è quella di amare. Non c'è differenza di razza, di nazione, di religione e di linguaggio: tutti sono miei agnelli. Paolo VI ama tutte le anime.

Anche lui, come Me, può asserire: "Il mio Regno non è di questo mondo, ma abbraccia tutto il mondo". A questo pensiero universale Pietro giunse col concorso di Paolo. Egli, l'apostolo delle genti, ebreo e romano, che prima della conversione era stato persecutore dei cristiani, arrivò a comprendere che tutti gli uomini dovevano e potevano esser chiamati al cristianesimo, che il Signore chiama tutti a partecipare al suo regno. La sua forza di volontà, la sua profonda intelligenza, la prontezza nell'aderire alla chiamata e nell'eseguire gli ordini ricevuti, lo rende modello impareggiabile per tutti quei cristiani che vogliono agire coerentemente con la fede che professano.

La verità accettata è un impegno a cui non ci si può sottrarre, costi quel che costi.

Così avete visto Paolo, sbalzato da cavallo e reso cieco, rivolgersi al profeta per sapere quale fosse la volontà di Dio. L'adesione ad essa lo rese capace di subire il carcere, patire la fame, affrontare la morte, restando sempre fedele alla propria chiamata. Egli combatté vittoriosamente la battaglia della vita, portò a termine con successo la sua gara; non diversamente da un atleta che ha conseguito la vittoria, poté rivendicare il premio eterno.

Sentì in sé la debolezza dell'uomo, che seppe però superare e vincere con la grazia di Dio. Aspirò ad essere con Me e poté veramente dire che il suo vivere era Cristo. Desiderò ardentemente la morte, come punto d'arrivo alla patria, dopo l'esilio, nel possesso di Dio.

A queste altezze, a questa forza, a questo amore universale e a questo sacrificio totale, anche Paolo VI per cui pregate, anela.

Pregate dunque perché anch'egli, uguagliando le virtù di Paolo di Tarso, possa un giorno essere unito con lui nella gloria.

Non vi è solo il martirio del corpo, che glorifica Dio. La sofferenza diuturna, creata dai figli ribelli, le divisioni che feriscono la Chiesa, rendono veramente degno del nome di martire colui che della Chiesa ha oggi la responsabilità.

Figli, vi riassumo in breve il vostro programma: a fianco di Paolo VI, con le vostre preghiere, con l'esercizio della fede, della carità e della fortezza siate a lui d'incoraggiamento e d'aiuto.

Vi benedico tutti.

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