I miei sono doni d'amore

 


4 gennaio 1973.

Figli diletti, sia pace a voi e ad ogni bene. Sono il vostro Gesù di misericordia infinita. Ecco, Io apro i miei forzieri. Venite, vi voglio donare le ricchezze di cui è pieno il mio cuore. Vi ho detto: «Chi è affaticato e oppresso, venga a Me ed Io lo ristorerò». E che significa ristorare, se non riempire a sazietà di ciò che occorre? I miei beni non sono del momento: durano eterni. Chi mi conosce, li apprezza. Chi non mi conosce, li disprezza e li rifiuta. I miei doni sono doni d'amore ma costano il mio sangue, la mia umiliazione, la mia immolazione. Io dono a chi mi chiede e rendo partecipi della mia vita chi lo desidera. La mia vita divina è vita d'unione con il Padre. Siamo così uniti da un amore santo, eterno ed indefettibile, che dal nostro amore procede lo Spirito Santo, che è lo Spirito del Padre e mio. Chi mi ama e chiede i miei doni, viene fatto compartecipe di questa vita d'amore. È lo Spirito che si comunica, che investe per così dire, della sua luce, l'anima amante. La luce mostra la bellezza della vita cristiana e ne aiuta la pratica, fino a farne una vita di perfezione. L'anima, così illuminata, non s'accontenta di fare il bene, ma cerca il meglio. Ogni piccolo difetto è considerato come cosa da correggere, da eliminare e il desiderio di piacere in tutto a Dio è l'anelito continuo dell'anima, che male sopporta di essere in un corpo di carne, fatto di debolezza e di miserie. Il pensiero del Cielo è familiare a queste creature a cui i legami della terra non riescono a far dimenticare le cose di lassù. La semplicità della loro vita le fa assomigliare alle colombe che male sopportano il fango e, se si avvicinano alla terra, è solo perché le esigenze del corpo le costringono. Chi riceve questo dono d'amore può considerarsi un'anima prediletta. Essa vive di questo dono e anela di avere la sua completezza nella vita di Dio dove continuerà ad amare e a donarsi nella perfezione raggiunta. Ma vi sono altri doni che non sono da meno di questi anche se rispecchiano, non tanto la vita d'unione con il Padre, quanto la mia vita terrena, vissuta in obbedienza a Lui. La povertà fu la nota caratteristica della mia vita umana. Ecco perché Io faccio dono della povertà ai miei diletti. C'è chi disprezza questa virtù e ama possedere e arricchirsi. Ma accanto a costoro vi sono quelli che non tengono in nessun conto le ricchezze di questo mondo, considerandole cosa effimera, e vivono come se dovessero, alla fine della loro giornata, dar conto al Padrone di ciò che hanno ricevuto. Io amo i poveri, perché li sento doppiamente fratelli e per essi ho preparato doni immensurabili nel mio cuore e doni di vera ricchezza nel Cielo dove, chi avrà cercato i beni spirituali al di sopra di quelli materiali, diventerà come padrone dei granai eterni. «Vieni, servo buono e fedele: sei stato fedele nel poco, ti farò padrone del molto!». C'è un'altra categoria di persone che chiamo incessantemente accanto a Me, perché provai anch'Io il peso della sofferenza e della croce e ben capisco chi soffre. Sono i malati nel corpo e i sofferenti di pene morali e spirituali. Venite! Dico loro con fraterna insistenza: Venite e v'insegnerò a valorizzare la sofferenza. Non sono stato chiamato l'Uomo dei dolori? Non ho sottoposto le mie spalle alla croce e il mio spirito alle incomprensioni e alle calunnie più tremende? Non mi hanno chiamato malfattore? E perché non vorrete partecipare a queste mie sofferenze, donandomi le vostre, accettate e offerte, per consolarmi? Se consolate Me, la gioia più pura entrerà in voi, così da farvi dire con sincerità e con fede quando diceva a suo tempo San Paolo, l'apostolo delle genti: «Sovrabbondo di gioia in mezzo alle tribolazioni». Inoltre vi è un'altra schiera di anime: sono quelle unite fra loro, non già da legami sacri o legami d'amore, ma da legami diabolici, che le tengono lontane da Me. Anche queste chiamo: nel mio Cuore, ci sono doni anche per loro. Avete sentito come, qualche volta, Io uso cambiar nome ai miei figli: Saulo lo chiamai Paolo; Simone lo chiamai Cefa, che vuol dire pietra. Ebbene, a questi miei figli che, lontani da Me, voi chiamate peccatori, Io desidero cambiar loro nome: desidero chiamarli santi. Non hanno che da accostarsi al mio cuore per ricevere, in contraccambio, il mio dono d'amore. Vedetemi dall'alto della torre. Come il padre del Figliol Prodigo, Io vado scrutando l'orizzonte; spero nel ritorno, paziento e offro per essi, al Padre, tutto il mio sangue. Io vado in cerca di queste anime, come fece il buon Pastore e le aspetto, con pazienza infinita, presso il pozzo di Giacobbe, come attesi la Samaritana, per donare ad essi della mia acqua, bevendo la quale non avranno più sete in eterno. Ecco, figli, perché al mio cuore potete accostarvi tutti come bisognosi, come assetati, come poveri, come peccatori; e tutti, scandagliando il mio cuore, potete ricevere ciò che fa per voi. Grazie, figli, per la preghiera piena d'amore che avete fatta. Vi darò larga ricompensa, mentre ancora vi dico: «Venite a Me e non rimarrete delusi in eterno». Vi benedico ancora con tutte le vostre intenzioni e desideri. Arrivederci!

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