Un Dio che si dona
10 giugno 1971
Figli miei diletti, eccovi qui riuniti per festeggiare con particolare amore il mio Corpo Santissimo che io vi dono sotto le apparenze del pane e del vino. È la seconda solennità che ricorda l’Eucaristia. La precedente l’avete solennizzata il Giovedì Santo, ricordandone l’istituzione. Vorrei innamorarvi di questo divin Sacramento, che nelle apparenze che lo ricoprono ricorda due elementi: il pane, che è indispensabile alla vita dell’uomo, e il vino. Vi vorrei anche ricordare come non a caso furono scelti questi elementi, essendo essi formati dall’unione di molteplici chicchi di frumento e di molti acini d’uva, proprio ad indicare che questo divino alimento, l’Eucaristia, deve anzitutto unire i cuori mediante l’amore, formando quell’unità tanto auspicabile. Figli, il mio dono d’amore è indispensabile alla vita dell’anima. Eppure, lo credereste? Molti lo rifiutano, come gli Ebrei nel deserto disdegnavano la manna; molti lo ricevono con freddezza, senza amore, quasi per forza, una volta sola all’anno; altri lo ricevono con l’anima sudicia di peccati. Figli, vi potrei ripetere come già alla Samaritana: Se voi conosceste il dono di Dio! Se tutti conoscessero ed apprezzassero il valore del loro incontro con Dio nel Santissimo Sacramento, vedreste, alle porte delle chiese o inginocchiati davanti ai tabernacoli, tutti gli uomini a supplicare, come già Lazzaro supplicava alla porta del ricco Epulone perché gli fossero date almeno le briciole che cadevano dalla mensa. Se conosceste il dono di Dio, non misurereste i sacrifici pur di poter ricevermi nel vostro cuore. Grandi sono i desideri degli uomini, ma essi non capiscono le cose celesti, i doni che valgono, un Dio che si dona. Vorrei che le vostre Comunioni fossero desiderate ardentemente, come l’assetato desidera la fonte d’acqua che lo deve dissetare. Vorrei che un solo e grande desiderio realizzasse una perfetta unione tra me e voi. Il vostro amore si dovrebbe fondere come cera al fuoco a contatto col mio, e allora sarebbero possibili grandi cose, poiché io vi sostituirei in tutto. Il divin Figlio è offerto a Dio come vittima implorante nel sacrificio della Messa. Come sono pochi i cristiani che sentono il dovere di partecipare portando il loro contributo di sofferenze fisiche, morali e spirituali! Si assiste, dalla maggior parte dei miei figli, al divin Sacrificio come ad uno spettacolo di nessun interesse, in cui il sacerdote deve essere molto veloce per incontrare la soddisfazione dei fedeli. Pare qualche volta un divertimento mondano, in cui si vanno mostrando, a scandalo o almeno a distrazione di molti, quelle nudità che sarebbe decoroso ed onesto coprire alla presenza di Dio e per rispetto della comunità. Così la Messa, l’atto più solenne della religione, viene trascurata, e oltraggiato il Figlio di Dio che ad ogni istante s’immola per ottenere a tutti gli uomini misericordia e pietà. Figli, sono il vostro Gesù che vi parla e vi voglio ricordare come continuamente io sono presente nel santo tabernacolo. Vi sono molti cristiani che hanno forse voluto approfondire troppo i loro studi, a scapito dell’umiltà e a vantaggio della vanagloria, che negano la mia presenza nell’Eucaristia dopo la celebrazione dei divini Misteri. Ma come volete che io possa abbandonare i miei figli lungo tutte le ore del giorno, mentre un buon padre e una buona madre desiderano e fanno tutto il possibile per rimanere uniti ai loro figli? E come avrei potuto non dare ad essi il modo e la possibilità di venire a confidarmi le loro pene e le loro gioie, proprio come fanno i figli buoni coi loro genitori? Io sono presente in corpo, sangue, anima e divinità in ogni ostia consacrata del mondo e, finché sussistono le specie, io sono lì a ricevere le vostre adorazioni come Figlio di Dio, a raccogliere le vostre lacrime per asciugarle, a sentire ciò che vi preoccupa per aiutarvi a risolvere i vostri problemi. Ma perché mai le mie chiese sono deserte lungo tutte le ore della notte e quasi tutte quelle del giorno? Ancora posso dire ai miei figli: In mezzo a voi c’è uno che voi non conoscete! Vorrei dirvi tante cose, vorrei parlare ai vostri cuori e farvi vivere della mia vita, ma perché, perché mi si sfugge? I lebbrosi che erano in Palestina quando io vissi, venivano a me ed io li risanavo, ma molte persone fuggivano quando sentivano la campana che avvisava della vicinanza di uno di essi. Oh, figli, io sono ancora per molti, moltissimi figli ingrati, come quel lebbroso che tutti sfuggono. Eppure io so guarire le piaghe dei corpi e delle anime. La lebbra del peccato è la più terribile, ma al tocco della mia mano, ad uno sguardo dei miei occhi, tutto scompare! Perché non vengono i malati a farsi guarire da me? Non sono io il Medico celeste? Almeno voi, figli miei diletti, venite, ditemi tutto e portatemi tutti. Più le piaghe sono purulente e più facilmente io le guarisco. Mi basta che vengano, che vengano con fede, con amore e con fiducia. Quando si alza la mia mano su chi mi ha offeso, è come quando si diradano le nubi e torna a splendere il sole. Figli, vi benedico. Fate profitto delle mie parole e diffondetele. Io vi amo e mi dono a voi in una comunione spirituale perfetta, pronto a rinnovarla ogni volta che voi lo volete.
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