Desidero chi mi conosciate

 


28 aprile 1977

Figli diletti, sono qui con voi. Sono Gesù di misericordia infinita.

Amo rivolgervi la mia parola perché vi sia di aiuto a conoscermi sempre meglio.

A chi durante la mia vita mortale mi diceva: «Maestro, mostraci il Padre», io replicavo: «Chi vede me, vede il Padre mio, poiché io e il Padre siamo una cosa sola».

Facendomi conoscere da voi, vi faccio conoscere nello stesso tempo il Padre e questa conoscenza fa sorgere in voi l'esigenza di amare insieme me e lui.

Desidero che mi conosciate come Figlio di Dio, perciò eterno, onnipotente, immenso, infinito, in tutti gli attributi che fanno parte della mia persona divina.

Ma desidero anche farmi conoscere come uomo, come vostro fratello, perché possiate trovare in me il modello da seguire, la strada da percorrere, la verità da raggiungere, così da poter vivere la mia stessa vita.

Se guardate al breve periodo della mia esistenza terrena, vedrete riprodotte in me tutte le vostre situazioni dolorose, e saprete così come comportarvi.

Osservandomi nel mio comportamento col prossimo, scoprirete di aver ancora molto da correggere e da imparare.

Guardando al mio atteggiamento verso il Padre e al mio modo di vivere la religione, troverete come essere davvero cristiani. Sono venuto sulla terra a rivoluzionare certi comportamenti, certi modi di pensare, e a perfezionare la legge, e ciò comportava un urto continuo coi superbi, coi ricchi, con gli egoisti; vi ho insegnato qual è il mio modo di combattere e di vincere.

Ho conosciuto, superandoli in quantità e in peso, i vostri stessi dolori, e li ho sopportati fin dalla nascita. Così posso ben dire che vi capisco, e per voi il trovare chi è passato per la vostra stessa strada, vi è d'aiuto a portare la vostra croce.

Chi di voi è nato in una stalla ed è stato perseguitato a morte fin dal suo nascere? Chi è povero quanto me, che dicevo: «Le volpi hanno le loro tane, gli uccelli il loro nido, ma il Figlio dell'Uomo non ha dove posare il capo»?

Scorrete le pagine del Vangelo: vedrete come sono passato ovunque facendo del bene a tutti. Eppure per lo stesso bene che compivo io ero accusato, si attentava alla mia vita, mi si chiamava demonio e bestemmiatore.

Tutta la mia vita fu, così, fare del bene e ricevere male.

Come potete voi con tanta facilità lamentarvi per qualche umiliazione che subite?

Quando i malati, i poveri e i peccatori venivano a me, trovavano salute e conforto. Io li consideravo fratelli e li potevo capire perché condividevo la loro sorte. Anche quella dei peccatori condividevo poiché, pur essendo senza peccato, mi ero caricato dei peccati di tutta l'umanità.

Figli, per imitarmi dovete veramente sapervi mettere al posto di coloro che sono nel bisogno e dovete cominciare ad amarli disinteressatamente, cercando soltanto il loro bene. Solo così si esercita la carità.

Non vorrete poi voi imitarmi anche nell'osservanza dei doveri religiosi che mi caratterizzò?

Guardate a tal fine la mia assiduità alla preghiera in comune e da solo, nel Tempio, in casa, con gli apostoli, coi discepoli e con gli stessi farisei, a cui potevo additare l'esempio del pubblicano.

I doveri verso Dio venivano per me riassunti in quel fare la volontà del Padre a cui mi rivolgevo continuamente nelle piccole e grandi azioni che scandiscono la vita di un uomo.

Figli, se voi imparaste a sottoporre la vostra volontà a quella di Dio, come cambierebbero i vostri pensieri! Quanta pace, quanta serenità, quanta santità acquistereste e come più leggera sarebbe la vostra croce.

I doveri che ogni uomo ha verso se stesso, si riducono al minimo, se vi è quella carità che spinge ad amare Dio e il prossimo e, nel rispetto delle leggi della natura, gli uomini troverebbero anche quella salute fisica che vanno spesso così disperatamente cercando.

La vita di Dio, presente in me, mi ha permesso di sopportare dolori altrimenti inconcepibili e insopportabili, ma anche voi, se vivete in grazia di Dio, avete, come dolce ospite, colui che ad ogni dolore può dare un senso e che vi può far dono di una forza divina.

Guardatemi ancora: ho conosciuto le pene dello spirito e quelle morali; ho voluto essere tentato per insegnarvi a vincere le tentazioni; ho conosciuto la ripugnanza del dolore e l'angoscia della morte.

Figli, ho amato la verità e l'ho sempre detta, anche quando l'esser veritieri comportava il farsi dei nemici.

La verità si identifica con Dio ed io l'ho predicata con l'esempio e la parola. «Sia il vostro parlare sì, sì, no, no, perché il resto viene dal maligno», così dico anche a voi.

Amo le persone sincere e semplici che sanno dire pane al pane senza timore. Detesto l'ambiguità e la falsità, che rende sepolcri imbiancati coloro che fanno il doppio gioco.

Figli, la verità è una sola e chi desidera essere con me, deve accettarla totalmente, incondizionatamente. I miei amici devono seguirmi così, con quell'amore che è per loro scelta di vita. Non possono servire a due padroni. Non possono amare il mondo e me contemporaneamente.

La morte fisica è la porta che apre e che dà inizio alla vera vita, ma c'è la morte del proprio «io» che permette il trionfo di Dio. A questo trionfo io v'invito a volgere lo sguardo perché la vostra vita sia una continua risurrezione.

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